lunedì 12 novembre 2012

Angelo ferito

 
 
 
Che sia per eguale sorte
ch'io pongo a te lo sguardo
contemplando me stessa
in similitudine,
Angelo dall'ala mutilata
che con fare amorevole
ella pose tra le mie mani
"che ti porti fortuna...".
 
Piccolo Angelo ferito,
privato del tuo immenso,
sbalzato dai tuoi sogni
e d'un tratto caduto giù
dal tuo letto di nuvole,
in un'ultimo volo frenato
dalla dura terra,
catapultato nei tuoi lividi
freddi di ricordi ove
volteggiavi leggiadro
nel blu più blu dei tuoi cieli.
 
Sbiaditi ricordi di sorrisi
tra la luna e le stelle
racchiusi nelle tue immense mani,
oggi strette di vuoti pugni chiusi
nell'eterno muto dilemma
di risposte taciute,
di domande inascoltate.
 
Prendimi per mano,
piccolo Angelo ferito,
conducimi per la smarrita via,
restituiscimi ali per volare,
lassù tra la luna e le stelle
ch'io possa ritrovare il sorriso
là dove si è spento.
 
© 2012 by Maia


La pazza


 
Per tutti lei è La Pazza. Se ne sta tutto il giorno a dipingere, in quel suo piccolo regno tutto bianco: una piccola stanza, con un letto, un comodino, un tavolo e due sedie. Ogni cosa rigorosamente bianca. Eccetto il cavalletto in
legno d'abete grezzo e la tavolozza dei colori. Bianche le pareti e bianche persino le sottili tende alle finestre. Indossa soltanto una semplice sottoveste di cotone, bianca anch'essa, che esalta il suo corpo di donna matura, ma ancora straordinaramente armonioso e sensuale. Fuori, le gocce di pioggia cadenzano con ritmo costante la danza selvaggia dei suoi pensieri. Così misteriosi, insondabili. Caparbiamente nascosti in fondo al pozzo scuro dei suoi occhi, oltre il fitto velo dei lunghi capelli corvini. Pensieri furiosi e spietati, come gli uragani di fine estate. Pronti a spezzare e a risucchiare ogni cosa nei loro gorghi infernali. La sua mente si dilata, si contrae, scricchiola, si scompone e ricompone, dimentica e fa spazio. Diventa teatro di sanguinarie tragedie. Si apre in tramonti spettacolari, si tuffa dentro abissi oceanici, s'innalza in voli acrobatici, esplode in vulcaniche eruzioni. Eppure, i suoi movimenti, davanti alla tela grezza, sono lenti, fluidi, leggeri. Non vi è nulla, nessun sussulto, nessuna piega innaturale del viso che lasci trapelare i suoi tumulti interiori.
Qualcuno bussa alla porta. Toc, toc?
Silenzio. Si apre la porta e una piccola testa rossa e riccioluta fa capolino.

- Si può?
 
No, che non si può. Ma le labbra della Pazza non accennano al minimo movimento.
La testa grigia e riccioluta irrompe nella stanza bianca in tutta la sua sgradevole fisicità, trascinandosi dietro un corpo appesantito dagli anni e da un eccesso di dolci e carboidrati in generale.
 
- Buongiorno cara, come andiamo oggi?
 
Andavamo benissimo, fino a un secondo fa, pensa, ma non glielo dice.
Uno stucchevole profumo di vaniglia si mescola a quello dei colori ad olio.
Mi dai la nausea, pensa, senza interrompere i suoi gesti attenti e misutrati, che accompagnano ciascuna pennellata. Non ti darò la soddisfazione di rivolgerti lo sguardo, perciò continua. Continua pure ad aggirarti per la mia stanza. Vai, vai pure a controllare se ho preso tutte le tue pilloline colorate del cazzo. Tanto sai bene che fine gli faccio fare, l'importante per te è non trovarle piú sul comodino.

La testa grigia e riccioluta, dopo il suo consueto giro di perlustrazione, si ferma dietro di lei. La Pazza ne avverte - oltre al profumo nauseabondo - il caldo respiro ancora intriso dell'aroma di caffè corretto con grappa. Solo un goccino, tanto per tirarsi un po' su. Pensa che tanto nessuno se ne accorgerà mai. Nessuno, eccetto La Pazza.
Sei troppo vicina, pensa. Ma non le dice nulla. Continua a far scorrere il pennello sulla tela, mantenendo un movimento fluido e costante. Imperturbabile. Indecifrabile.
La testa grigia e riccioluta la osserva per un attimo, in silenzio. Sembra quasi assorta.

- Non c'è niente, è tutto nero, come sempre...
 
Che idiota…La testa rossa e riccioluta finalmente si scosta da lei e si siede davanti al tavolo. Apre la sua valigetta, ne estrae un quaderno e comincia a scrivere. Il rumore della penna sul foglio le provoca lo stesso fastidio dello stridio di un gessetto sulla lavagna.

Scrivono, scrivono, scrivono... Io vivo solamente sui loro fogli. Su cartelle e registri. Su grafici, schemi e slide. Mi chiamano La Pazza e loro vorrebbero guarirmi. Perché io ho fatto irruzione nelle loro asettiche esistenze con l'esuberante, scandalosa, vibrante presenza delle mie emozioni. E le emozioni sono peccato, impudicizia, sono entità immonde nel biancore virginale del loro paradiso. Ho seguito meticolosamente diagnosi, consulti, terapie e morali di grandi uomini di scienza. Gli elevatissimi modi con cui hanno discusso delle loro somme disanime intorno alle mie dinamiche mentali. Il bene immenso e supremo che rifluiva dalla saliva dotta delle loro fauci, a infondere nelle mie miserevoli meningi la buona e giusta persuasione della mia follia. Ogni parola da loro pronunciata è stata per me il mattoncino bianco di questa mia prigione. E qui io vivo, prigioniera, per il mio bene, nell'illusione di ridarmi la Ragione. La loro. Ho smesso di parlare, per privarli del gusto dell'accanimento. Ma questo mi hanno concesso, nella loro aurea magnanimità: colori e tele, per continuare a dipingere il mio universo.

La testa grigia e riccioluta prende dalla tasca del camice una boccetta e ne tira fuori un paio di pillole rosse, che lascia sul comodino.

- Queste le prendi prima di andare a dormire.
E se ne va.
 
La Pazza sorride. Si chiede se abbia intravisto, oltre al nero, anche qualcos'altro... Ma è sicura di no. Si scosta appena dalla sua tela a guardare soddisfatta la sua opera. Ed eccoli, sono tutti lì i colori e le forme delle sue emozioni. Dietro al buio autentico in cui può ancora sopravvivere. Mescolati ai pigmenti delle pilloline colorate della testa grigia e riccioluta, minuziosamente sbriciolate.

E adesso, non le resta che ridere.

© Maela

domenica 28 ottobre 2012

Rosa Mela



Ciao Mela cara,
te lo dico subito: grazie per avermi permesso di rimanere con lui,
di potermene ritornare con lui nella nostra campagna,
di avermi lasciata alle sue cure .
Io sono sua, gli appartengo, mi ha strappata e poi ridata alla vita .
Tu sai cosa voglio dire vero?
E sai anche che al di là del nome che mi porto " Rosa Mela ",
sai che sono " TE ", nata da " Te ", " segno " di " Te ",
rinata per te, come te .
Senza di te, senza il suo disperato immenso amore per te,
che ha nutrito " Me ",
mai avrei rivisto la luce,
tanto ormai ero secca al limite e prossima alla fine.
E invece sono nata dal tuo stesso buio e dal suo.
Ecco cosa ci unisce, la stessa profondità, lo stesso ventre!
Chi siamo e cosa siamo noi due Maela se non e malgrado tutto , se non opera affannosa dalla sua angustia pena e tribolazione ?
Comprendi cosa cerco di dirti ?
Io lo amo quanto tu ami lui e quanto lui ama ciascuna di noi due .
Ecco perché io dovevo rimanere accanto a lui ,
ed ora ci sono, almeno una di noi due.
Sai, ti ho appena intravista, abbagliata così come mi sono trovata
dopo quel lungo viaggio al buio. E mi sono rivista, specchiata in te .
Aveva ragione lui, come non gli capita spesso purtroppo,
anche questo lo sai: amiamo lo stesso strano uomo,
anzi, ci troviamo ad amarlo per nostra... felice disgrazia, .
Ho visto, percepito all'istante, quanto di te dalle sue parole avevo
immaginato, tutta la tua Bellezza .
Così mi diceva di te, mi raccontava e aggiungeva, anche tu sarai Bellezza,
e mi bagnava con le sue lacrime .
- Tu devi vivere - mi incalzava, seppur con amore e apprensione sofferta,
- se tu vivi vivrà anche Mela, e sarà il Segno - 

e non ha esitato un solo attimo ad offrirmi in dono a te, 
la sua creatura alla sua creatura .
E ci è rimasto male, io l'ho visto contrarsi e inumidire gli occhi,
e credo lo abbia visto anche tu.
Ma hai fatto bene per il suo bene e, soprattutto per il mio bene .
Eh si, questi uomini, non ci sarebbe mai arrivato a comprendere il tuo gesto.
al vero significato, anche se un gesto di rifiuto , per lui tale era e basta .
Ci vogliono le donne per questo,
e per tutto il viaggio di ritorno gli ho parlato di quanto invece sei stata
giusta ed onesta, di quanto per questo, mi sei subito piaciuta con quel capelli da
pulcino spennacchiato, così come le mie foglioline verdi e irsute.
Ecco Mela perchè ti ringrazio, io sono nella mia casa con lui, i suoi cani,
in compagnia delle mie rose sorelle maggiori e del glicine e di quegli
antipatici dei gerani
che si danno tante arie e dei poveri hybiscus che perdono subito i fiori.
E' questa la mia vita , doveva essere, grazie a te oggi lo è.
Teniamocelo questo strano uomo,
tu che ne dici?
Ah, dimenticavo, te lo guardo io!
Grazie, ancora, 

i miei primi boccioli saranno i tuoi, con il tuo colore ed il
tuo profumo .


© 2012 by MS

martedì 16 ottobre 2012

Solitudine dell'anima




Quando la poesia diventa il rifugio dell'anima,
è perché l'anima si è persa in una profonda solitudine.

© 2012 by Maia

Quarant'anni - (morte dopo la rinascita)


Quarant'anni dopo
rinascevi a nuova vita,
mentre egli moriva
e la sua anima in te
assumeva sembianze
fraterne per dar pace
a quel dolore senza fine.
Alla tua fonte
attingevo la sua essenza
nei particolari d'un tuo
incedere dialettale,
d'una forma amorevole
o di esuberante stizza.
Ponevo lo sguardo a te
così come guardavo a lui
in cieca, paga ammirazione.
Di te colmai il cuore, la mente,
sanando quel dolore pungente
che la tua presenza leniva,
ponendoti s'un piedistallo
come Dio sull'altare
e te ne facevi vanto
ch'io ero come te,
di pensiero e di azioni
e se l'amore pur fraterno
fa l'uomo egoista
te ne ammantasti gli occhi
e la mente privandomi
d'ogni mio libero pensiero
e fu così perch'io non volli
piegare il capo
al tuo di sudditanza volere
rinnegare le mie
lecite convinzioni,
che chiudesti il cuore
e le tue porte
a me ormai inaccessibili
vanificando tutto l'amore
dato e ricevuto.
Quarant'anni riempiti
giorno dopo giorno
di quegli spazi mancanti
di quegli attimi di vita
mai vissuti
quell'idillio di fraterno amore
rinnegato come l'amor di cui
tu scrivi e pretendi
da ognuno approvato.
Due anni dopo
rinnovo i funerali
una seconda volta celebrati,
in un dolore sordo
di inaccettabile rassegnazione.
Cosa rimane
di quell'affetto ritrovato,
ripudiato nell'ingiusta alterigia
di chi non sa chinare il capo?
Solo le macerie dell'ego
di un'uomo troppo solo.
 
© 2012 by Maia
 


domenica 7 ottobre 2012

La strada




Lanci perfetti  al centro del cuore, ad allargare miriadi caustiche di fitte concentriche.  Dolenza, mentre muta osservo i tuoi movimenti  (come puoi, come sai, come pensi). Fa male, dall’ombelico agli occhi, corrode. Ma non si può eludere l’imperativo. Bisogna che io la percorra tutta, la strada fragorosa del distacco. Sentirne il tessuto di terreno brullo e ardente sotto i piedi scalzi, che solcano lenti.
Ascoltarne i palpiti di vento sferzante,  a spaccar la pelle. A cancellar le stelle… E la polvere, fra i capelli e in gola, così stretta che può solo negare. Tacendo.
Chè così ci si salva dall’agonia: agonizzando fino in fondo per liberare l’ultimo refolo.
Asciugo gli occhi col palmo.  Tiro un po’ su col naso. Una mano sui corti capelli…
E già li sento carezzarmi sulla schiena. Fluenti e neri.

 © 2012 by Maela

mercoledì 3 ottobre 2012

Un Amore davvero/3 (ultima parte)


Ci si può seppellire un intero Amore davvero 

                                 sotto le macerie di parole dannosamente inutili.

(Inutilmente dannate)

martedì 2 ottobre 2012

Bianca Signora



Giro girotondo...
cinguetta gaiamente nel cortil
uno stormo di bimbi.
Segue con lo sguardo,
memore dell'età sua d'allora,
quelle candide colombelle, la vecchina.
Or s'accomoda accanto al focolare
mentre sfoglia con man tremante,
l'albo dei ricordi.
Rammenti, bianca signora
la tua giovinezza
che s'en fuggita in tutta fretta?
Sfilan davanti all'occhi tuoi
immagini immortalate
in un dì remoto:
la prima comunione,
e qui, accanto all'altare,
l'emozione del tuo "si".
Una lacrima solca il volto rugoso
ove il tempo lasciò l'impronta.
E piangi, bianca signora
di pena, non di rimpianto
per quella gioventù che si perde
e nulla sa e ignora quanto sia bella
l'età se non vi ha macchia.
Brucian gli ultimi ceppi
mentre il dondolo culla le memorie
e ripensi al tempo che fu
che se ne andò dall'alba al tramonto.
E già s'imbruna il giorno
giacchè t'affidi,
come un bimbo stanco de' suoi giochi,
fra le tenere braccia del sonno.
 
 
© 1984 by Maia


Mi struggo per te


Mi struggo per te
E mi dolgo dei sotterfugi
Dove spiovente vai a ripararti
Dalle insidie ambigue dei grandi
E muto stringi rabbia
Nei tuoi piccoli pugni.
Come potrò darti luce,
Essere balsamo sui segni
Ancora aperti e vermigli:
Io, che alla vita t'ho generato,
Continuo a cucirti addosso
L'ordito delle mie colpe.


  © 2012 by Maela

domenica 30 settembre 2012

Lenta agonia

Come albero spoglio
la mia anima
si vestirà d'inverno,
protendendo al cielo
i nudi rami
in un'umile, sofferta
lenta agonia.
 
© 2012 by Maia

sabato 29 settembre 2012

Le braccia dell'Amore



...eppure quante volte
lo abbiamo cercato,
amato, osannato, odiato
ripreso e lasciato..
Questo Amore dei poeti,
delle canzonette
e perchè no
l'Amore dei pittori,
narrato nelle fiabe,
l'Amore romanzato
capace di mietere sogni,
l'Amore della rabbia
della gioia e del perdono.
Quante sfaccettature
in una sola parola!
...per tutte le volte
che lo abbiamo maledetto
e sempre rincorso,
...per tutte le volte
che lo abbiamo giustificato
nel sacro nome dell'AMORE,
per tutte le volte
che ci siamo fatti male
senza aver imparato.
Come un bimbo
sorpreso in una marachella
giura e spergiura,
"sicuro, non lo faccio più"
...fino a domani.
Questo Amore un pò narciso,
ed anche un pò sadico,
pur con le ali bruciate
riprende il volo.
Lo rinnegherai una, più volte,
ma lo riaccoglierai
allorchè pentito busserà alla tua porta,
aprendogli le braccia
perchè le braccia
non possono rimanere vuote.
 
 
© 2012 by Maia

giovedì 27 settembre 2012

Disincanto


Lo sguardo ora non sa
Levarsi in alto,
E' schiacciato al suolo,
Sorpreso dal nero
Urticante di odio
A scuoterne l’incredulità.

In nome di quale amore
Si può infliggere il male?
Persino la terra trema
Sgomenta
Fra un cieco fendente
E un colpo di grazia assestato. 


  © 2012 by Maela

martedì 25 settembre 2012

L'amore...stronzo

Non sei tu
è l'Amore ad essere stronzo.
L'Amore che ti travolge
come un'uragano,
ti trascina nella tormenta,
ti innalza e ti sbalza via.
L'Amore è stronzo
come una malattia
che ti debilita,
una febbre che sale
fino a farti bruciare
nel delirio dell'incoscienza
esaurendo le tue forze,
invalidando i tuoi passi.
L'Amore è stronzo
come quei graffi
che ti lascia sulla pelle,
cicatrici profonde
che il tempo lenisce,
ma non cancella.
L'Amore è stronzo
quando accusa, rinfaccia,
seppellisce e vanifica,
accartoccia e getta via
ergendosi a giudice,
accusatore e mai accusato.
...
Tu sei stronzo
perchè l'Amore è fatto di te.




© 2012 by Maia
                                                                    
 
 

Amore rubato

Tesso la tela dell'attesa,
mentre dipano i fili del tempo
vuoto di emozioni.
Ascolto il silenzio
esasperato di risposte mancate,
sequenza d'immagini
non ancora sbiadite
ripercorse a ritroso.
Del "NOI" era solo ieri,
dell'oggi non ho memoria
eppur di quell'amore rubato,
ingordo, mai sazio
ci nutrivamo appagati,
erranti senza meta,
complici e amanti consapevoli
in quella dimensione di cielo
sorvolavamo alti orizzonti,
solitari e mai soli nell'appartenerci.
NOI, ladri di emozioni
colpevoli d'esserci trovati, scoperti, amati.
Nel vuoto delle mie giornate
ascolto l'eco delle tue assenze,
d'una telefonata taciuta,
d'un messaggio mancato,
d'una spiegazione invano attesa.
Sgrano i giorni di un'interminabile rosario,
granelli di preghiere dimenticate,
di speranze deluse,
di lacrime raccolte e infilate
una ad una come perle
incastonate nel mio dolore.


© 2012 by Maia



venerdì 21 settembre 2012

Sgretolarsi


Mi cadono gli occhi dagli sguardi, le mani dagli abbracci, le labbra dai baci. Le braccia, sono cadute anch’esse, lungo fianchi sfiniti.  Mi cade il senso delle cose e si infila sotto la mia ombra vaga, ché il mio corpo si dissolve lento sullo sfondo.  Mi cade la prospettiva dei paesaggi dove gettavo - felicemente sciocca -  colori vivaci e odorosi. Mi cade il giallo, il rosso amaranto, l’arancio. Si staccano come croste di intonaco dalle pareti della mia coscienza. Dall’orizzonte, mi sferzano parole, come raffiche di vento impettito. Per questo mi stringo il petto. Ho freddo e nessun alito caldo a respirarmi ancora. Mi resta un broncio grigio sul viso, a ricordarmi che un tempo, in questo frammento di spazio, c’ero anch’io. Proprio qui…

 © 2012 by Maela

mercoledì 19 settembre 2012

Voglio attraversare il giorno


Voglio attraversare il giorno
Ed esserci fino in fondo,
Sostare lungo gli argini
Di quegli abissi nascosti,
Oscuri come la notte,
Senza il chiaror della luna
O la pietà delle stelle,
Sgranando come un rosario
Ogni pensiero fugace,
Ogni emozione ferita
Lasciata lungo la strada,
Sepolta dalla polvere
 E schiacciata sotto i piedi
Di chi assente non guardava.

 © 2012 by Maela