lunedì 12 novembre 2012

La pazza


 
Per tutti lei è La Pazza. Se ne sta tutto il giorno a dipingere, in quel suo piccolo regno tutto bianco: una piccola stanza, con un letto, un comodino, un tavolo e due sedie. Ogni cosa rigorosamente bianca. Eccetto il cavalletto in
legno d'abete grezzo e la tavolozza dei colori. Bianche le pareti e bianche persino le sottili tende alle finestre. Indossa soltanto una semplice sottoveste di cotone, bianca anch'essa, che esalta il suo corpo di donna matura, ma ancora straordinaramente armonioso e sensuale. Fuori, le gocce di pioggia cadenzano con ritmo costante la danza selvaggia dei suoi pensieri. Così misteriosi, insondabili. Caparbiamente nascosti in fondo al pozzo scuro dei suoi occhi, oltre il fitto velo dei lunghi capelli corvini. Pensieri furiosi e spietati, come gli uragani di fine estate. Pronti a spezzare e a risucchiare ogni cosa nei loro gorghi infernali. La sua mente si dilata, si contrae, scricchiola, si scompone e ricompone, dimentica e fa spazio. Diventa teatro di sanguinarie tragedie. Si apre in tramonti spettacolari, si tuffa dentro abissi oceanici, s'innalza in voli acrobatici, esplode in vulcaniche eruzioni. Eppure, i suoi movimenti, davanti alla tela grezza, sono lenti, fluidi, leggeri. Non vi è nulla, nessun sussulto, nessuna piega innaturale del viso che lasci trapelare i suoi tumulti interiori.
Qualcuno bussa alla porta. Toc, toc?
Silenzio. Si apre la porta e una piccola testa rossa e riccioluta fa capolino.

- Si può?
 
No, che non si può. Ma le labbra della Pazza non accennano al minimo movimento.
La testa grigia e riccioluta irrompe nella stanza bianca in tutta la sua sgradevole fisicità, trascinandosi dietro un corpo appesantito dagli anni e da un eccesso di dolci e carboidrati in generale.
 
- Buongiorno cara, come andiamo oggi?
 
Andavamo benissimo, fino a un secondo fa, pensa, ma non glielo dice.
Uno stucchevole profumo di vaniglia si mescola a quello dei colori ad olio.
Mi dai la nausea, pensa, senza interrompere i suoi gesti attenti e misutrati, che accompagnano ciascuna pennellata. Non ti darò la soddisfazione di rivolgerti lo sguardo, perciò continua. Continua pure ad aggirarti per la mia stanza. Vai, vai pure a controllare se ho preso tutte le tue pilloline colorate del cazzo. Tanto sai bene che fine gli faccio fare, l'importante per te è non trovarle piú sul comodino.

La testa grigia e riccioluta, dopo il suo consueto giro di perlustrazione, si ferma dietro di lei. La Pazza ne avverte - oltre al profumo nauseabondo - il caldo respiro ancora intriso dell'aroma di caffè corretto con grappa. Solo un goccino, tanto per tirarsi un po' su. Pensa che tanto nessuno se ne accorgerà mai. Nessuno, eccetto La Pazza.
Sei troppo vicina, pensa. Ma non le dice nulla. Continua a far scorrere il pennello sulla tela, mantenendo un movimento fluido e costante. Imperturbabile. Indecifrabile.
La testa grigia e riccioluta la osserva per un attimo, in silenzio. Sembra quasi assorta.

- Non c'è niente, è tutto nero, come sempre...
 
Che idiota…La testa rossa e riccioluta finalmente si scosta da lei e si siede davanti al tavolo. Apre la sua valigetta, ne estrae un quaderno e comincia a scrivere. Il rumore della penna sul foglio le provoca lo stesso fastidio dello stridio di un gessetto sulla lavagna.

Scrivono, scrivono, scrivono... Io vivo solamente sui loro fogli. Su cartelle e registri. Su grafici, schemi e slide. Mi chiamano La Pazza e loro vorrebbero guarirmi. Perché io ho fatto irruzione nelle loro asettiche esistenze con l'esuberante, scandalosa, vibrante presenza delle mie emozioni. E le emozioni sono peccato, impudicizia, sono entità immonde nel biancore virginale del loro paradiso. Ho seguito meticolosamente diagnosi, consulti, terapie e morali di grandi uomini di scienza. Gli elevatissimi modi con cui hanno discusso delle loro somme disanime intorno alle mie dinamiche mentali. Il bene immenso e supremo che rifluiva dalla saliva dotta delle loro fauci, a infondere nelle mie miserevoli meningi la buona e giusta persuasione della mia follia. Ogni parola da loro pronunciata è stata per me il mattoncino bianco di questa mia prigione. E qui io vivo, prigioniera, per il mio bene, nell'illusione di ridarmi la Ragione. La loro. Ho smesso di parlare, per privarli del gusto dell'accanimento. Ma questo mi hanno concesso, nella loro aurea magnanimità: colori e tele, per continuare a dipingere il mio universo.

La testa grigia e riccioluta prende dalla tasca del camice una boccetta e ne tira fuori un paio di pillole rosse, che lascia sul comodino.

- Queste le prendi prima di andare a dormire.
E se ne va.
 
La Pazza sorride. Si chiede se abbia intravisto, oltre al nero, anche qualcos'altro... Ma è sicura di no. Si scosta appena dalla sua tela a guardare soddisfatta la sua opera. Ed eccoli, sono tutti lì i colori e le forme delle sue emozioni. Dietro al buio autentico in cui può ancora sopravvivere. Mescolati ai pigmenti delle pilloline colorate della testa grigia e riccioluta, minuziosamente sbriciolate.

E adesso, non le resta che ridere.

© Maela

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