martedì 4 settembre 2012

Meglio Noi

Sulle rotondità di un vago languore stringente, dentro a un altro giro di boa, ho incontrato casualmente le tue dita. Avanzavano in punta d'inchiostro, in eleganti ghirigori, disinvolti e cauti. Subito le ho trovate squisite le tue dita. Enigmatiche. Avevano richiami abissali. Sono di quelle che ti bucano dentro e si fanno un giro impunemente fra le tue stanze, quelle vuote, quelle piene di ciarpame e cianfrusaglie ma soprattutto quelle segrete, dove non entri mai neanche tu. Le stanze dove hai ammassato secoli d’inconsci, di te e del resto del mondo, e hai lasciato le imposte chiuse, perché neanche un filo di luce potesse rivelarle, ombre su nero, macchie incrostate di buio.  Ecco perché di quelle dita te ne innamori subito: non disdegnano nulla, loro. Neanche le cose neglette, quelle infestate di abominio, che si darebbero in pasto al pubblico ludibrio. Loro invece ci vanno a nozze: impunite, appunto. Hanno aperto un varco per me, che piangevo solitaria. Solita aria: piangevo una vita inaridita e spenta, guardando vinta l'agonia di un disamore. E fu così l'alba di una nuova Primavera. Nella tua campagna ho danzato con quelle dita vibranti, che sapevano di sole e mare. E ridevo e piangevo e ancora piangevo e ridevo di malinconica speranza, che aveva preso a piovere su di me in coriandoli dorati. Eri tu, tu, solo tu, che germogliavi dentro le mie aridità, lungo i bordi dei miei occhi, dalle mie finestre appannate, nel mio cuore in panne! Tu, che t’intrufolavi tra i chiaroscuri della mia esistenza e soffiavi via la polvere che la ricopriva dai tempi antichi! I piccoli semi delle tue parole, lasciati cadere come briciole da quelle immaginifiche magnifiche dita, furono manna fra le mie labbra aduste come petali sfioriti. Ero affamata d'amore. Eppure…
Ho provato a scivolar via in silenzio e a nascondermi negli angoli retti della ragione. Mi son fatta male, urtando contro gli aspri spigoli dei miei soliloqui, sproloqui, sonniloqui, stoltiloqui, vaniloqui, ventriloqui. Eloqui mai, però. Quelli non sono il mio forte ma il tuo. Comunque. Eppure. Ho provato a scappare, un passo dietro l’altro, orme sull’ombra, le mie ombre a coprirmi, difendermi, sfumarmi e sformarmi in contorni stronzi. Via da te, dalle tue dita, dai tuoi occhi che sanno di miele e cielo e mari in tempesta, che sanno scrutare, frugare, trovare. Via dalle tue rose odorose, dal tuo ulivo schivo, dai tuoi cani strani. Come te. Eppure. Incocciando contro la parete delle mie speculazioni, alla fine ho compreso: meglio, molto meglio lasciare stare e lasciarsi andare. Meglio le tue dita, le tue mani, i tuoi pollici sui miei occhi, il tuo respiro fra le frange dell'anima. Meglio le tue costellazioni, le tue intemperie, le tue forme curiose d’Amore. Davvero. Meglio te. Anzi, meglio te e me. Anzi, meglio ancora... Meglio Noi. 


© 2012 by Maela

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