Quarant'anni dopo
rinascevi a nuova vita,
mentre egli moriva
e la sua anima in te
assumeva sembianze
fraterne per dar pace
a quel dolore senza fine.
Alla tua fonte
attingevo la sua essenza
nei particolari d'un tuo
incedere dialettale,
d'una forma amorevole
o di esuberante stizza.
Ponevo lo sguardo a te
così come guardavo a lui
in cieca, paga ammirazione.
Di te colmai il cuore, la mente,
sanando quel dolore pungente
che la tua presenza leniva,
ponendoti s'un piedistallo
come Dio sull'altare
e te ne facevi vanto
ch'io ero come te,
di pensiero e di azioni
e se l'amore pur fraterno
fa l'uomo egoista
te ne ammantasti gli occhi
e la mente privandomi
d'ogni mio libero pensiero
e fu così perch'io non volli
piegare il capo
al tuo di sudditanza volere
rinnegare le mie
lecite convinzioni,
che chiudesti il cuore
e le tue porte
a me ormai inaccessibili
vanificando tutto l'amore
dato e ricevuto.
Quarant'anni riempiti
giorno dopo giorno
di quegli spazi mancanti
di quegli attimi di vita
mai vissuti
quell'idillio di fraterno amore
rinnegato come l'amor di cui
tu scrivi e pretendi
da ognuno approvato.
Due anni dopo
rinnovo i funerali
una seconda volta celebrati,
in un dolore sordo
di inaccettabile rassegnazione.
Cosa rimane
di quell'affetto ritrovato,
ripudiato nell'ingiusta alterigia
di chi non sa chinare il capo?
Solo le macerie dell'ego
di un'uomo troppo solo.
rinascevi a nuova vita,
mentre egli moriva
e la sua anima in te
assumeva sembianze
fraterne per dar pace
a quel dolore senza fine.
Alla tua fonte
attingevo la sua essenza
nei particolari d'un tuo
incedere dialettale,
d'una forma amorevole
o di esuberante stizza.
Ponevo lo sguardo a te
così come guardavo a lui
in cieca, paga ammirazione.
Di te colmai il cuore, la mente,
sanando quel dolore pungente
che la tua presenza leniva,
ponendoti s'un piedistallo
come Dio sull'altare
e te ne facevi vanto
ch'io ero come te,
di pensiero e di azioni
e se l'amore pur fraterno
fa l'uomo egoista
te ne ammantasti gli occhi
e la mente privandomi
d'ogni mio libero pensiero
e fu così perch'io non volli
piegare il capo
al tuo di sudditanza volere
rinnegare le mie
lecite convinzioni,
che chiudesti il cuore
e le tue porte
a me ormai inaccessibili
vanificando tutto l'amore
dato e ricevuto.
Quarant'anni riempiti
giorno dopo giorno
di quegli spazi mancanti
di quegli attimi di vita
mai vissuti
quell'idillio di fraterno amore
rinnegato come l'amor di cui
tu scrivi e pretendi
da ognuno approvato.
Due anni dopo
rinnovo i funerali
una seconda volta celebrati,
in un dolore sordo
di inaccettabile rassegnazione.
Cosa rimane
di quell'affetto ritrovato,
ripudiato nell'ingiusta alterigia
di chi non sa chinare il capo?
Solo le macerie dell'ego
di un'uomo troppo solo.
© 2012 by Maia
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